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Tempi duri, per non dire granitici, in casa Full Tilt Poker.
Oltre alle vicissitudini legali, al danno di immagine incalcolabile e ai recenti sviluppi sempre più sconfortanti, l’ormai ex seconda poker room più grande al mondo potrebbe subire anche uno smacco morale: vedersi in qualche modo “scippata” la sua più grande invenzione: il Rush Poker.
Per chi non lo conoscesse, il Rush Poker è (ma sarebbe meglio dire “era”, ormai) un’innovazione per quanto riguarda l’esperienza del poker cash game online.
Introdotta all’inizio del 2010 da Full Tilt, questa novità si è fatta subito apprezzare, soprattutto dai giocatori non professionisti.
In pratica, il Rush Poker annullava i tempi di attesa tra una mano e l’altra, perché il giocatore veniva spostato di tavolo non appena foldava.
Disponibile per le varianti Omaha e Texas Hold’em, il Rush Poker venne particolarmente apprezzato perché a conti fatti dava la possibilità di multi-tabling, senza però aprire più tavoli contemporaneamente, nonché la possibilità di guadagnare frequently play points e la tanto amata rakeback.
Ma con la chiusura di Full Tilt Poker, il Rush Poker sembrava destinato a scomparire. È notizia di pochi giorni fa, però, che PokerStars sia pronta a introdurre qualcosa di simile, almeno stando a quanto dichiarato da un membro della poker room sul famosissimo forum di 2+2.
Sembra infatti che la più famosa sala da poker online del pianeta stia per lanciare, parole sue, dei “ring game dal ritmo forsennato”.
Subito la comunità di 2+2 ha fatto… 1+1, pensando a qualcosa di simile al Rush Poker di “tiltiana” memoria.
Quel che è certo è che quello di PokerStars non sarà lo stesso identico Rush Poker di Full Tilt, dal momento che la poker room irlandese aveva brevettato l’innovazione.
Ma conoscendo PokerStars, è del tutto probabile che il suo Rush Poker sia una versione addirittura migliore rispetto all’originale.
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Ormai l’abbiamo ribattezzata così, come se fosse un telefilm di successo: la Full Tilt Saga. Ed effettivamente ci sarebbero tutti gli elementi giusti per produrre una fiction coi controfiocchi: una multinazionale in ascesa, sponsor e milioni come se piovesse; poi l’inaspettato stop e una serie di vicissitudini da fare invidia ai personaggi di Dinasty o Dallas.
Ma come tutte le saghe, anche quella dell’ormai ex seconda poker room più grande e importante al mondo è vicina alla fine. Che si tratti di un semplice “season finale” o di un “series finale” è ancora presto per dirlo.
Ma dall’udienza privata tenutasi ieri al Riverbank Park Plaza Hotel di Londra, con i membri della Alderney Gaming Control Commission, trapelano tre possibili futuri per Full Tilt Poker.
Non è ancora nulla di ufficiale, visto che l’udienza si è tenuta a porte chiuse, ma le solite gole profonde hanno spifferato qualcosa di interessante. La prima possibilità è che Full Tilt si veda revocare definitivamente la licenza dall’AGCC.
Ciò scatenerebbe un effetto-domino devastante: cadrebbe la licenza secondaria della Kahnawake Gaming Commission, e cadrebbe anche la licenza francese della Arjel. In pratica, per la poker room irlandese sarebbe una sorta di pietra tombale.
La seconda possibilità vuole l’AGCC permettere a Full Tilt di operare su basi ristrette. In questo caso Full Tilt potrebbe tornare a incrementare non solo i guadagni, ma anche la possibilità di attrarre potenziali investitori.
Che a questo punto, viene da pensare, ancora non ci sono. Altro che gruppo di potenziali investitori europei…
E infine c’è una terza possibilità, che secondo i bene informati sarebbe la più plausibile.
In questo scenario, l’AGCC estenderebbe la sospensione della licenza di Full Tilt fino all’udienza indetta dal Dipartimento di Giustizia americano, che si dovrebbe tenere alla fine di questo mese.
In questo modo la AGCC potrebbe valutare con maggiore chiarezza la situazione di Full Tilt, prima di decidere definitivamente.
Ad ogni modo, il futuro prossimo della poker room irlandese non sembra certo roseo: tra cause in tribunale, mancanza di liquidità e quant’altro (da non sottovalutare il grosso danno d’immagine), difficilmente Full Tilt potrà tornare quel colosso che era solo fino a sei mesi fa.
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Chissà se Abe Korotki riuscirà a togliersi di dosso la pesante etichetta che si porta appresso ormai da un paio d’anni. “Korotki chi? Quello che ha vinto un Ladies Event?”, è la domanda che parecchi si fanno quando lo sentono nominare. Perché il buon Abe, bontà sua, ha davvero vinto un torneo riservato (almeno sulla carta) al gentil sesso, e poco altro. Ma il WPT Borgata Poker Open potrebbe essere l’occasione giusta per affermarsi (e riabilitarsi?).
Certo è che la concorrenza è tra le più agguerrite che si possano trovare. Korotki ha chiuso il Day 1A con lo stack più grosso, 260.000 chip, aggiudicandosi un premio da 5.000 dollari messo in palio dal World Poker Tour proprio per colui il quale fosse riuscito a terminare la giornata con il maggior numero di chip.
Però Korotki dovrà vedersela prima di tutto con Jeff Madsen, anche lui protagonista del Day 1, anche se del Day 1B: 216.000 chip raggranellate gli hanno permesso di incamerare lo stesso premio vinto da Korotki.
Attenzione anche a Vanessa Selbst, autrice di un Day 1A da 198.000 chip e spiccioli. Chissà che una delle più forti giocatrici di sempre non voglia mettere i bastoni tra le ruote a Korotki, vendicandosi in un certo senso del celebre e già citato affronto alla categoria femminile.
Occhio anche a Matt Affleck e David Williams, rispettivamente capaci di ‘ammonticchiare’ 156.075 e 153.850 chip. Ma non sono gli unici big in gara ad essersi comportati bene: tra i migliori troviamo anche Maria Ho, Christian Harder, Robert Mizrachi, John Racener, Yevgeniy Timoshenko, Katy Liebert (altra giocatrice superba) e Gavin Smith.
Intanto il WPT Borgata Poker Open ha fatto registrare un bel record: con 1313 iscritti è l’evento targato World Poker Tour più partecipato di sempre, nella decennale storia del WPT. E il primo premio è giustamente degno di questo record: più di 922.000 dollari.
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Mentre il mondo attende di scoprire quale possa essere il futuro di Full Tilt e se la sala un tempo numero due nel mercato del poker online possa davvero sperare di tornare operativa in tempi utili per evitare la bancarotta, le righe di un comunicato diffuso nella giornata di ieri non fanno presagire nulla di buono.
Il gruppo di giocatori londinesi conosciuti come Hendon Mob – nome di primo piano sia nella comunità del poker giocato che di quello dell’informazione del gioco grazie al celebre sito HendonMob.com – ha infatti deciso di abbandonare la nave di Full Tilt ed interrompere il rapporto di collaborazione privilegiata che da tempo legava i due soggetti.
“Impossibile continuare così”
Il comunicato stampa inviato ieri dall’Hendon Mob a tutti i massimi organi di informazione del settore ha disegnato in maniera molto chiara la situazione creata dai guai giudiziari di Full Tilt spiegando come questi abbiano recentemente messo a rischio la sopravvivenza del sito stesso.
“Hendon Mob impiega un considerevole numero di persone sia a tempo pieno che part time; persone che fanno del proprio meglio per garantire il mantenimento ed il miglioramento dei nostri database, del forum e di tutti gli altri elementi che la nostra community di giocatori si aspetta dal nostro sito. Al momento stiamo operando in perdita e questo non può certamente continuare nel lungo periodo.”
La lealtà dei giocatori bisogna guadagnarsela. Tutti i giorni.
Cercando di vedere le cose in prospettiva, il comunicato rilasciato da HendonMob offre spunti molto interessanti per capire fino a quale punto l’immagine di Full Tilt sia stata danneggiata dalle operazioni del Dipartimento di Giustizia americano.
“Siamo ben consapevoli di come un buon numero di giocatori – inclusi moltissimi che partecipano alla community di HM – abbiano ancora soldi, step tickets e player point su Full Tilt. Per questo vi promettiamo che se Full Tilt riuscirà a riprendere le proprie operazioni, noi saremo lì per fare gli interessi dei nostri giocatori. Perché noi non prendiamo la lealtà dei nostri player come un dato di fatto – ma lavoriamo ogni giorno per riuscire a mantenerla.”
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Non sarà il Main Event delle World Series of Poker, ma un tavolo finale è pur sempre un tavolo finale.
E così Mustapha Kanit, in arte Mustacchione, dovrà aspettare un paio di mesi prima di giocarsi la possibilità di vincere il Partouche Poker Tour 2011.
Sì, perché proprio come succede da qualche anno per il Main Event targato WSOP, anche il final table del Partouche Poker Tour si disputerà a distanza dal resto del torneo.
Più precisamente, l’atto finale del Partouche 2011 si disputerà il 12 e il 13 di novembre.
Una sorta di November Nine in tono minore, parafrasando il titolo col quale vengono definiti i nove giocatori che disputeranno il final table del Main Event delle WSOP proprio in quel mese.
Il ravennate, già protagonista (suo malgrado, come abbiamo visto) l’anno scorso, ha fatto meglio di tutti gli altri italiani.
Meglio anche del lanciatissimo Massimiliano Martinez, che si è dovuto arrendere al 39° posto (17.000 euro per lui), e dell’italo-tedesco Giuseppe Pantaleo, che ha chiuso al 27° posto (24.000 euro) dopo essere stato tra i dominatori delle prime giornate.
Kanit ricomincerà a giocare con il quarto stack più grosso in assoluto: 2.247.000 chip, a un tiro di schioppo da Sam Trickett. L’inglese, protagonista dei British Poker Awards del 2010, ha chiuso con 2.605.000 chip e guiderà un final table quanto mai incerto.
Al secondo posto, infatti, troviamo Alexandre Coussy con 2.473.000 chip, seguito a ruota da Fouad Behbehani con 2.446.000.
Dopo il nostro Kanit, Mads Wissings con 2.144.000 e Roger Hairebedian con 1.890.000. Settimo posto per l’ucraino Oleksii Kovalchuk (1.626.000 chip), che conferma il suo stato di grazia dopo la vittoria all’IPT di Nova Gorica.
Chiudono Ilan Boujenah con 1.241.000 di chip e il forte russo Alexander Dovzhenko con 944.000 chip.
Al vincitore del Partouche Poker Tour 2011 andrà un milione di euro, mentre al runner-up sono destinati 600.000 euro.
Il terzo posto pagherà 379.760 euro, mentre se Kanit dovesse concludere al quarto posto (ma gli auguriamo naturalmente di vincere) percepirà 300.000 euro.
Male che vada, ad ogni modo, Mustacchione avrà 100.000 euro in più nel suo conto in banca.
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Pantaleo da una parte, Martinez dall’altra. Uno ha cognome italiano, origini italiane, si sente italiano, ma è nato e vive in Germania. L’altro ha un cognome spagnoleggiante, ma è italiano al 100%.
Sono loro i protagonisti azzurri del Partouche Poker Tour di Cannes, al termine di un Day 2 che ha segnato l’eliminazione di oltre i due terzi del field.
Sì, perché in 327 hanno cominciato la seconda giornata di gioco, ma solo in 100 l’hanno portata a termine. E tra i primi dieci del chip count provvisorio troviamo proprio Pantaleo (terzo, con 438.600 chip), già protagonista del Day 1, e Martinez (sesto, con 380.000 chip).
Ma le speranze italiane non si esauriscono qui. Ancora in corsa, e nemmeno messi male, ci sono anche Mustapha Kanit con 320.200 chip e Giuseppe Zarbo con 215.300 chip. Più staccato, ma comunque ancora nel vivo del gioco, Marcello Marigliano, il cui stack ammonta a 98.000 chip tonde tonde.
In testa troviamo l’ucraino Oleksii Kovalchuk, anche lui in forma strepitosa. Come ricorderete, Kovalchuk si è recentemente aggiudicato una tappa dell’Italian Poker Tour, a Nova Gorica, battendo in heads-up il nostro Luca Moschitta e intascandosi la bellezza di 150.000 euro.
Kovalchuk ha sbaragliato la concorrenza, imbustando ben 892.500 chip, quasi il doppio rispetto al suo più diretto inseguitore.
Juan Lapido Maceiras, infatti, si è dovuto accontentare di 452.000 chip, una manciata di gettoni in più rispetto al nostro Giuseppe Pantaleo. Chiudono la top five il forte Alexander Dovzhenko (417.100 chip) e Frederik Brink Jensen (400.000 chip).
Chiudiamo dando un’occhiata al payout. Cifre da capogiro per un Partouche Poker Tour davvero coi fiocchi: il primo classificato, infatti, metterà in banca un milione di euro, mentre al secondo andranno 600.000 euro.
Ma i premi rimangono strepitosi anche scalando di posizione: quasi 380.000 euro pre il terzo, 300.000 euro per il quarto, 230.000 euro per il quinto, 190.000 euro per il sesto, 160 mila euro per il settimo e via via fino al 63° classificato, che godrà di 12.000 euro.
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L’udienza però, contrariamente a quanto era stato detto e auspicato, si terrà a porte chiuse, per decisione del tribunale. In merito, le due parti hanno diramato un comunicato stampa.
Partiamo dalla Alderney Gambling Control Commission (AGCC). A parlare, o meglio a scrivere, è il direttore esecutivo André Wilsenach: “Sono felice che l’udienza con Full Tilt Poker si tenga, come avevamo deciso. Ma sono deluso per la decisione del tribunale che, nonostante le mie argomentazioni, ha deciso di chiudere le porte al pubblico. Credo che la gente abbia diritto di sapere perché abbiamo sospeso la licenza di Full Tilt”.
Wilsenach ha anche aggiunto di capire le motivazioni che hanno spinto il tribunale, sempre alla ricerca di un equilibrio degli interessi, a optare per questa decisione che lascia un po’ l’amaro in bocca a tutti quanti.
La nota positiva è che dopo un paio di rinvii (dal 26 luglio al 15 settembre, e infine a lunedì 19) l’udienza comunque si farà.
Il comunicato di Full Tilt Poker, invece, non fa menzione della decisione del tribunale di non aprire le porte dell’udienza al pubblico, ma si concentra più sulla propria situazione. Di seguito potete trovare le parti più interessanti: “Lo scorso 15 aprile 2011, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha messo sotto accusa una serie di soggetti legati ai principali operatori del poker online. A seguito di questi fatti, Full Tilt Poker si è ritirata dal mercato americano. Poi, di conseguenza, il 29 giugno 2011 alla poker room è stata sospesa la licenza operativa da parte della Alderney Gambling Commission Control”.
“Come risultato, Pocket Kings Ltd. (fornitore di servizi tecnologici e di marketing a Full Tilt Poker) ha preparato un piano di ottimizzazione dei costi, stimando di dover ridurre le spese di circa 12 milioni di euro. Il piano serviva a snellire le operazioni della compagnia, in modo da posizionarla meglio per una futura crescita nei mercati al di fuori degli Stati Uniti”.
“Il risparmio dei costi poteva essere raggiunto solo attraverso il licenziamento degli esuberi, che ha toccato all’incirca 250 posizioni, anche se il numero esatto non potrà essere confermato fino alla fine dell’operazione”.
“Nonostante ciò, Pocket Kings crede fermamente di avere un futuro radioso legato a Full Tilt e alla sua presenza nei mercati al di fuori degli Stati Uniti, e per questo motivo è impegnata al massimo per assicurare il recupero di Full Tilt e per restituire ai giocatori tutti i loro soldi”.
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Nel mondo dei tornei di poker è molto difficile riuscire ad avere la possibilità di giocarsi una rivincita. È raro, per non dire quasi unico, vedere due giocatori affrontarsi all’heads-up in due edizioni del medesimo evento.
Ma è proprio quello che è capitato all’High Roller che si è giocato a margine del WPT di Parigi, con la vittoria di Sorel Mizzi su Freddy Deeb.
Proprio così: i due si erano già sfidati allo stesso torneo non più tardi di un anno fa, quando a trionfare fu l’americano Deeb.
Quest’anno le cose sono andate in maniera diversa, anche se Mizzi deve aver toccato ferro quando, proprio come la passata stagione, si è presentato all’heads-up conclusivo con uno stack enorme rispetto a quello dell’avversario.
Addirittura Mizzi possedeva otto volte le chip di Deeb, più di quanto gli fosse capitato 365 giorni fa (quando aveva il quintuplo rispetto al rivale).
Ma stavolta il canadese non si è fatto recuperare e grazie a una splendida coppia d’assi servita ha chiuso l’ultima mano del torneo superando la top pair di Deeb.
Grazie a questa vittoria (234.000 euro), Mizzi rimpingua il totale delle sue vincite in carriera.
Il 25enne di Toronto ha guadagnato 4.2 milioni di dollari limitatamente agli eventi live, ai quali vanno aggiunti 2.3 milioni come proventi dei suoi risultati nel poker online.
Non che Deeb abbia da lamentarsi, per carità. I 130.000 euro del secondo posto sono valsi a far schizzare le sue vincite in carriera a circa 7.2 milioni di dollari, frutto anche di due braccialetti conquistati alle World Series of Poker.
Da segnalare, in conclusione, come il buy-in dell’evento High Roller del WPT di Parigi ammontasse alla bella cifra di 15.000 euro (più o meno l’equivalente di tre buy-in allo European Poker Tour).
Gli iscritti? Solo, si fa per dire, 25.
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Matt Waxman ce l’ha fatta. Il chip leader del Day 3 del WPT di Parigi è riuscito ad aggiudicarsi l’evento in questione, regolando nell’heads-up finale il pro di poker francese Hugo Lemaire.
Waxman si è portato a casa la bellezza di 518.750 euro, oltre naturalmente all’anello riservato a chiunque vinca una tappa del World Poker Tour.
Waxman, giovane professionista residente a Parkland, in Florida, grazie a questa prestigiosa vittoria vede schizzare i suoi proventi (limitatamente ai tornei live) a oltre un milione e mezzo di dollari.
Proprio il 2011 è il suo anno migliore, dal momento che ha accumulato oltre due terzi delle sue vincite totali.
Ma ripercorriamo brevemente il WPT di Parigi. Sono 312 i giocatori che hanno pagato i 7.500 euro del buy-in, divisi in due Day 1.
Rispetto all’anno scorso, sono 65 le iscrizioni in più, segno che il movimento del poker mondiale non conosce crisi. Al Day 2 sono passati in 167, ridotti a 61 per quanto riguarda il Day 3. Il passaggio dal Day 3 al Day 4 ha comportato la perdita di 43 player, scesi ai sei finalisti del Day 5.
Questi gli stack di partenza del final table del WPT di Parigi:
Byron Kaverman: 2.079.000 chip Hugo Lemaire: 1.962.000 chip Mikko Sundell: 1.791.000 chip Frederic Magen: 1.554.000 chip Matthew Waxman: 1.423.000 chip Martin Jacobson: 482.000 chip
A dispetto degli stack, ci sono volute solo 100 mani prima di arrivare all’heads-up. Waxman si è portato a casa il titolo quando nella mano decisiva è riuscito a chiudere un colore al nove, battendo la top pair di Lemaire.
Grazie alla sua affermazione, Waxman è diventato il primo giocatore americano a riuscire a vincere una tappa del WPT nel Vecchio Continente. In più, il player americano si è aggiudicato il diritto di partecipare al WPT World Championship del 2012.
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Il 15 aprile è già distante più di quattro mesi, ma i suoi effetti continuano a farsi sentire. Stiamo parlando del Black Friday, il giorno che tutti i giocatori di poker online americani ricorderanno per sempre. Da quel momento in avanti, la vita degli appassionati del Texas Hold’em virtuale non è stata più la stessa: stop al poker online nel territorio degli Stati Uniti, e tanti saluti a un gioco che aveva conquistato un po’ tutti.
Dopo un iniziale sbandamento, però, gli Stati membri degli USA hanno cominciato ad analizzare la situazione. E per una California che ha deciso di non occuparsi di poker online, almeno per il 2011, c’è un Nevada che invece da qualche giorno ha cominciato a ragionare su come legalizzarlo. E cosa potevamo attenderci, dallo Stato che ospita Las Vegas, la Mecca del gioco d’azzardo?
Addirittura, il regolamento verrà discusso durante una serie di riunioni pubbliche, la prima delle quali dovrebbe tenersi lunedì 26 settembre. Le prime riunioni dovrebbero riguardare le licenze tecnologiche e il sistema di data entry. E tra gli addetti ai lavori c’è chi è talmente ottimista da pensare che l’iniziativa del Nevada sia una sorta di anticipazione di una possibile legalizzazione del poker online a livello nazionale.
“Il poker online è diventato un affare da miliardi di dollari, in tutto il mondo. La tecnologia che lo supporta, anche se non è perfetta, è migliorata drasticamente dalla sua introduzione. E negli Stati Uniti non c’è un posto migliore del Nevada per quanto riguarda l’iGaming”. Parole e musica di Mark Lipparelli, Presidente del Gaming Control Board, che ha voluto dire la sua sull’argomento: “Il Board ha regolamentato con successo l’industria del gioco per più di 50 anni, ed è chiaramente lo strumento migliore e ideale per gestire e amministrare una serie di nuove regole che permettano una nuova forma di commercio e che tengano fede ai nostri principi”.
Lipparelli ha concluso dichiarando di non sapere con certezza come si svilupperanno le nuove leggi, e che per questo motivo il Gaming Control Board cercherà di essere il più flessibile possibile. Lipparelli, infine, si è detto sicuro che i giocatori riporranno la massima fiducia nelle tecnologie che permetteranno loro di giocare a poker online.
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